Per quasi due palermitani su tre la sanità pubblica non basta più

I palermitani sono preoccupati dalla crisi in cui versa la sanità pubblica, con la maggioranza di essi che non la ritiene più in grado di rispondere, da sola, a tutti i loro bisogni in fatto di salute. A rilevarlo è l’ultima indagine dell’Osservatorio Sanità di UniSalute, che ha sondato l’opinione degli abitanti di Palermo sullo stato del Servizio sanitario nazionale.

Dalla rilevazione è emerso come quasi due palermitani su tre (64%) pensino che il SSN - allo stato attuale - non sia più sufficiente per i loro bisogni sanitari e di cura. Il 31% afferma che la sua opinione della sanità pubblica è peggiorata rispetto a 5 anni fa, e solo il 52% si dice soddisfatto delle cure ricevute nel pubblico.

Nonostante ciò, i cittadini di Palermo sono consapevoli del ruolo centrale del SSN nel sistema di welfare del Paese, con il 41% che dice di avere comunque ancora fiducia nella sanità pubblica, e circa uno su tre (32%) continua a ritenerla una delle migliori al mondo. Rispetto al periodo pre-pandemia Covid-19, un intervistato su tre (32%) nota un maggior ricorso nel pubblico ai servizi di telemedicina e teleconsulto: un sostegno da parte della tecnologia che viene visto con favore, tanto che il 62% vorrebbe un maggior uso di soluzioni tecnologiche per l’assistenza a distanza.

tempi di erogazione delle prestazioni restano il problema principale riscontrato dagli intervistati, con il 67% che li considera eccessivi. Quasi quattro su cinque (78%), inoltre, ritengono che rispetto a 5 anni fa i tempi di attesa si siano allungati, e di conseguenza puntare a ridurli è considerato l’aspetto più importante su cui intervenire per migliorare il SSN (67%), insieme ad aumentare le tipologie di prestazioni coperte (44%).

Ovviamente, queste criticità sono collegate anche alla carenza di personale sanitario, con medici e infermieri sempre più spesso costretti a sopportare carichi di lavoro estenuanti. Un problema che non sfugge ai palermitani: quasi tre su quattro (71%), infatti, sostengono che il numero di medici e infermieri in forze al Servizio sanitario nazionale sia inadeguato rispetto alle esigenze dei cittadini.

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