Articolo di Gerardo Villanacci
pubblicato su www.corriere.it il 12 gennaio 2025
Le recenti decisioni del giudice amministrativo che prima ha sospeso il decreto del Ministero della Salute relativo alla regolamentazione delle visite specialistiche e dopo poche ore ha revocato il provvedimento rendendo operative, a partire dal 30 dicembre scorso, le nuove disposizioni, conferma la fragilità del nostro servizio sanitario. Qualunque sarà la soluzione di merito, fissata per il 28 gennaio prossimo, non è ulteriormente differibile un ripensamento radicale dell’ impianto organizzativo sanitario nazionale essendo quello attuale ormai insostenibile in primo luogo per il crescente invecchiamento della popolazione. Il pur apprezzabile maggiore finanziamento previsto dalla legge di bilancio del 2025, che aumenta dai 114 miliardi del 2014 fino ai programmati 141,3 nel 2027 le risorse per la sanità, verosimilmente non consentirà di risolvere la drammatica questione della rinuncia alle cure da parte di 4,5 milioni di persone. Né tantomeno riuscirà ad eliminare il tutt’altro che attenuato fenomeno della medicina difensiva il cui costo si stima essere giunto a 13 miliardi all’anno per visite ed esami diagnostici non propriamente essenziali, se non addirittura dannosi, e comunque ritenuti da parte degli operatori sanitari un vero e proprio scudo considerando le 350 mila cause penali promosse, a nulla rilevando che il 97% delle stesse si chiude con assoluzioni. Ben venga la prospettata valorizzazione delle amministrazioni virtuose e la improcrastinabile riduzione dei tempi di attesa.
Ma un punto centrale per aumentare la qualità e le esperienze organizzative di eccellenza è la effettiva realizzazione di un sistema sanitario misto pubblico-privato che preservi l’interesse della collettività. Un obiettivo ambizioso ma raggiungibile attraverso l’interpretazione e applicazione dell’art. 32 della Costituzione in linea con le esigenze sociali, culturali ed economiche del nostro tempo. È questo il solo modo per preservare il valore straordinario di una norma che ha consentito il riconoscimento del diritto alla salute come essenziale pur dimenticando, purtroppo, di regolamentare il rapporto tra pubblico e privato.